Nightguide intervista gli UNOAUNO

Nightguide intervista gli UNOAUNO

Gli UNOAUNO hanno pubblicato il 12 dicembre 2017 “CRONACHE CARSICHE”(Ribéss Records). Il loro è un post punk oltranzista ed il loro nome può essere il segno x fra i risultati del tedio domenicale. O la riproduzione in scala reale della realtà. Un titolo geografico (una geografia esteriore che si infila dentro) di un disco di debutto che non diresti per dei classe '94. La trap? No, i Lighting Bolt.
L'indie-pop da cameretta? No, gli Shellac. E una filiazione CSI - Massimo Volume in otto canzoni scarne, radiografiche, dove la voce dice e prova a stare in piedi controvento, riuscendoci. Il risultato è una forma di oltranzismo post-punk: basso, niente chitarre, niente sovraincisioni, una batteria in parte elettronica in parte no, qualche tasto di synth. E una consapevolezza: “Odiamo le canzoncine che servono soltanto a divagare e a sorriderci su. La musica è un linguaggio antico, religioso. Rituale.”
Li abbiamo intervistati.


A Dicembre è uscito “Cronache carsiche”, quali messaggi contiene?
 
Il messaggio non è univoco. Ci sono storie, intrecci, cose che capitano e che non capitano. Il tono è sicuramente scuro, volutamente violento. Viviamo nello stesso appartamento a Milano. Chiunque viva a Milano sa quanto sia impegnativo prendere la metropolitana, sopportare i passeggeri, resistere al caldo, resistere al freddo. C'è dolore per la perdita di qualcuno e di qualcosa. C'è desiderio di eternità e una grande voglia di restare vivi. Insomma la tragedia e la commedia propria di questo mondo.


Perché questo titolo?
 
Il titolo nasce dopo diverse indecisioni e ripensamenti. L'idea era di trovare un elemento sintetico in grado di rimandare ad un sottofondo sonoro comune ai brani. La cronaca apre un piano narrativo e diretto, un resoconto di svariate esperienze vissute o soltanto immaginate. La dimensione carsica rimanda invece al particolare destino assegnato dalla natura ai fiumi carsici. Scavano montagne e mutano paesaggi: svolgono la loro opera senza particolari attenzioni, eppure, stravolgono il paesaggio esattamente come fa la vita di tutti e di ciascuno.


 
Come hanno fatto dei giovanissimi come voi a farsi ispirare da band storiche come CSI e Massimo Volume?
 
Sicuramente tra le prime ispirazioni ci sono CCCP, CSI e Massimo Volume. La tradizione italiana echeggia in maniera massiccia. Li abbiamo sempre ascoltati, assorbiti e risputati fuori alla nostra maniera. Ci sono tante altre influenze di sottofondo, queste emergono maggiormente. Paradossalmente la musica che influenza di più è quella che si vede e si ascolta durante i giorni feriali della settimana. I milioni di concerti gratis o quasi che andiamo assiduamente a sentire.
Memorabile l'ultimo concerto degli A Place To Bury Strangers.


Ma, effettivamente, in quale genere vi riconoscete, se esiste?
 
Nessun genere in particolare. Abbiamo provato ad autodefinire la nostra musica 'noise declamato'. C'è molto rumore, la voce è spesso in controtempo. Il basso e la batteria tentano di recintare tutto questo, di limitarla in modo geometrico e regolare. Poi in realtà abbiamo lasciato tracce come Carsica e Figlio che possono far pensare ad altro, ad un dimensione più affilata ed elettronica. Quasi eterea. Detto questo ci piace anche tanto altro, dallo shoegaze all'hardcore. Le robe pestate ci garbano assai, così come le serenate romantiche.




Come nasce un brano attuale come Aleppo?
 
Aleppo è suddivisa in due parti. La prima estremamente dolorosa: non avrebbe senso dilungarsi su dettagli privati e fattuali. Si è smarrito qualcosa, non rimane che il ricordo, imponente e devastato come le macerie di un grattacielo. In controluce il senso di colpa e l'auto-accusa: la consapevolezza di non aver capito quando bisognava capire. La perdita produce il rimpianto, il rimpianto produce la fantasia, utile soltanto a riscrivere con abile sforzo immaginativo un finale diverso e meno ostile.
La seconda parte della canzone scatta diapositive su uno scenario bellico. La guerra è in corso. Un passo falso e si rimane fregati. Un grazie particolare a Dante per aver saputo sintetizzare l'aria diabolica del conflitto. “pape satan, pare satan aleppe(o).


Il significato del vostro nome?
 
Uno a uno palla al centro abbiamo sempre pareggiato. Mai vinto. Mai perso.
Inoltre siamo neoplatonici, l'Uno ci ispira da sempre e noi lo ascoltiamo con orecchie tese.


 
Elencateci i tre dischi di cui non potreste mai fare a meno.
 
Mauri: Mellon Collie and Infinite Sadness
Giangi: OK Computer
Rocco: In the airplane and over the sea


Dove vorreste essere fra 5 anni?
 
In Romagna a suonare tra i vigneti ed contemporaneamente in Puglia a suonare tra i taralli.

 

cronache carsiche, intervista, unoaduno

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